I bicipiti dei confinati - introduzione di Paolo Finzi
Centinaia di antifascisti “in vacanza” sulle isole di confino rifiutarono un esercizio ginnico preteso dal regime: il saluto romano. Subirono angherie, percosse, denunce, processi, carcere. Ma l’ebbero vinta, alla fine.
Questo libro nasce da un moto di indignazione, per una delle tante stupidate dette da Silvio Berlusconi: quella secondo cui i confinati, in epoca fascista, sarebbero stati dei vacanzieri piuttosto che dei carcerati.
Per affrontare l’argomento “confino”, Santin e Sommariva ne ripropongono in queste pagine vari momenti, con il dichiarato intento di (di)mostrare la falsità delle affermazioni dell’ex presidente del consiglio. Ci sono parti di vera e propria ricostruzione storica (si pensi all’elenco di alcuni assassinii e stragi compiute dai fascisti prima, dai nazi-fascisti dopo), ma la scelta operata dagli Autori è prevalentemente all’insegna della libera ricostruzione, a cavallo tra storiografia e letteratura.
Si colloca in questa prospettiva anche la figura principale, quell’Alfonso Gurrieri dietro le cui vicende si intravede una persona realmente esistita: l’anarchico Alfonso Failla (Siracusa 1906-Carrara 1986), uno degli antifascisti che più tempo ha trascorso in vacanza, essendovi stato spedito nel 1930 e – salvo un breve periodo nel 1939, trascorso da sorvegliato speciale nella natia città ionica – rimastovi ininterrottamente fino alla “liberazione” da Ventotene nell’estate 1943.
Di questa presenza in filigrana di Failla – di cui sono orgogliosamente genero – l’amico e compagno Marco Sommariva mi aveva informato fin dall’inizio del progetto, chiedendomi di fargli avere ogni informazione possibile su Failla, soprattutto per quanto riguardava i 13 anni trascorsi al confino. Ma io non ho potuto essergli utile, dal momento che tutto quanto avevo rintracciato di quel periodo era già di pubblico dominio, essendo parte del volume biografico
Insuscettibile di ravvedimento, L’anarchico Alfonso Failla (1906-1986): carte di polizia / scritti / testimonianze, pubblicato a mia cura dalle edizioni La Fiaccola nel 1993 (1).
Con questo suo taglio particolare, il presente volume va ad arricchire la ricca messe di libri dedicati alla ricostruzione di quella pagina specifica della nostra storia che si chiama appunto “confino” e che merita di essere indagata e riproposta all’attenzione delle giovani generazioni.
“Ma chi gliel’ha fatto fare?”
Nel volume si accenna anche alla vicenda politico-giudiziaria del saluto romano, ossia del rifiuto opposto da alcune centinaia di confinati all’ordine superiore di “fare” quel saluto. Questo rifiuto costituì la base per tutta una serie di lotte che tra il 1937 e il 1940 infiammarono a tratti il tran-tran della vita sulle isole di confino.
Questi uomini, di vario orientamento politico antifascista, pagarono un duro prezzo per non alzare a comando il braccio destro: erano isolati dal resto della società e non avevano alcuna possibilità di “pubblicizzare” il loro gesto. Il buon senso comune potrebbe suggerire la domanda: “Ma chi gliel’ha fatto fare?”. Che senso aveva lasciar prolungare e peggiorare la propria detenzione solo per non ottemperare a uno stupido ordine?
Questo senso si può cogliere solo a partire dalla comprensione del valore primario, vorrei dire assoluto, della dignità umana. Quella per cui mia nonna insisteva sempre sul fatto che in ogni momento della propria vita, se ci si trova di fronte ad uno specchio, ci si debba poter guardare a fronte alta, senza abbassare lo sguardo, certi di aver fatto sempre e comunque il proprio dovere. Senza macchie di cui pentirci o vergognarci.
Belle parole, certo. Ma dar loro concretezza, in quel contesto, non era facile come pronunciarle.
Eppure c’è stata gente, perlopiù rimasta sconosciuta, che per potersi specchiare nella propria coscienza ha subito botte, pestaggi, processi e carcere: tutto per non estendere la muscolatura del braccio destro. Se oggi abbiamo la possibilità di leggere (e prima ancora, di pubblicare) libri come questo è anche per questo loro rifiuto.
Per dirla in termini berlusconiani, questi nostri vacanzieri volevano scegliersi da soli la ginnastica da fare. E quell’esercizio di tonificazione dei bicipiti non rientrava nel loro programma di fitness.
Il valore della Memoria
In quest’epoca sempre più condizionata da ondate revisioniste e negazioniste, riprendere – come fa con originalità espressiva questo libro – i fili della memoria antifascista e cercare di annodarli a quelli del presente è opera meritoria e indispensabile.
In una collana di libri che lessi da ragazzo c’era scritto “Perché gli anziani ricordino e i giovani sappiano”. Nel momento in cui mi avvicino a passi rapidi alla prima categoria citata e mi sono forzatamente allontanato dalla seconda, sempre più comprendo il valore della Memoria.
La prefazione è di Silverio Corvisieri
https://it.wikipedia.org/wiki/Silverio_Corvisieri
1. Il “nuovo” cognome di Failla nel libro è Gurrieri, che appartiene, oggi, anche al ragusano Pippo, che delle edizioni La Fiaccola è una delle anime. E in edizioni “sorelle” della Fiaccola, come sono quelle di Sicilia Punto L, sempre animate da Pippo, sono usciti (dietro mio suggerimento a Marco) alcuni tra i primi libri di Sommariva. Una coincidenza?
Paolo Finzi