copertina

Il cristallo di quarzo


ROMANZO (2005)
Edizioni Sicilia Punto L
seconda edizione

Recensione di Ettore Maggi

Da “M-Rivista del Mistero” di Marzo 2002

Il 27 giugno del 1980, alle 20 e 59, il DC-9 Itavia, in volo da Bologna a Palermo, partito con due ore di ritardo, esplode nei cieli a nord di Ustica. Ottantasette persone, tra passeggeri ed equipaggio, perdono la vita in uno dei tanti, troppi misteri della storia e della politica italiana.
Misteri irrisolti che cercano una soluzione, tra servizi segreti, politici, militari, estremisti, doppiogiochisti, infiltrati.
In uno di questi misteri si trova coinvolto un giovane genovese, preoccupato per la sopravvivenza di un settimanale di tendenza libertaria, che sogna – insieme al suo anziano amico Olmo – la notizia shock che possa azzerare i trenta milioni di passivo del giornale.
Recatosi a Roma per incontrare un amico pakistano, si trova coinvolto in una oscura vicenda che potrebbe risolvere il mistero della strage di Ustica.
La notizia-bomba sarebbe finalmente quella a lungo attesa, in grado di permettere al settimanale di non chiudere, ma a questo punto il protagonista è costretto a fuggire per difendersi da misteriosi e spietati individui che sembrano non fermarsi di fronte a nulla.
Fughe, omicidi, angosce, tra pullman, treni e aerei, in un’atmosfera squallida e irreale, dai fotogrammi che scorrono veloci come un film di John Woo.
Alla fine tutto si risolverà, ma sarà a caro prezzo. Marco Sommariva, giovane scrittore genovese, ha esordito nel 1999 con questo breve romanzo pubblicato da Sicilia Punto L edizioni, nella sua collana di letteratura, con un’opera dalla scrittura nervosa e veloce, secca al punto giusto, che si ispira ad autori come Taibo II e Cacucci, e disegnando un personaggio che si muove a fatica in un mondo che non capisce e che in fondo non vuole accettare, ma non sa come affrontare.
Della bravura dello scrittore genovese si è accorto anche Alessandro Baricco, visto che nel 2001 Sommariva è stato uno dei due vincitori del concorso La staffetta degli scrittori.

Ettore Maggi

Recensione di Emanuele Schembari

Dalla rivista “Dialogo”, Ottobre 2000

“Il cristallo di quarzo” è stato scritto da Marco Sommariva, del quale non si ha alcuna notizia e che potrebbe essere anche uno pseudonimo. L’editore è, però, l’Associazione culturale Sicilia Punto L di Ragusa, di cui è rappresentante Giuseppe Gurrieri. Si tratta di un romanzo d’azione e di spionaggio, ispirato alla tragedia aerea di Ustica, della quale ancora si parla e per la quale non è stata trovata una soluzione ufficiale, da parte degli organi governativi. L’autore, in questo libro che mescola fantasia e realtà, propone le proprie congetture che potrebbero essere vicine alla verità più di quanto non si pensi.
Il romanzo sembra la sceneggiatura di un film, tanto la storia è avvincente e ben sviluppata. C’è un ritmo che non concede soste, mentre la dimensione della suspense e dei colpi di scena non soverchia la dimensione umana dell’io narrante, chiamato a vivere situazioni più grandi di lui. I personaggi si muovono come pedine in una scacchiera, schiavi di un gioco che è in mano ad ignoti, le cui mosse sono imprevedibili, così il meccanismo della vicenda diventa una metafisica minaccia.
Il protagonista è un giornalista di provincia, che scopre, insieme a preziosissimi cristalli di quarzo, un nastro che contiene la chiave per svelare il mistero di Ustica del giugno 1980. Queste scoperte hanno, come conseguenza, una serie di omicidi misteriosi e la vita del protagonista diventa impossibile in quanto è costretto a nascondersi e a scappare. Il finale è a sorpresa.
Nel libro non vi sono dialoghi, in quanto la forma è diaristica ma tutto è denso di azioni, nel fascino dell’avventura e del rischio, mentre una spirale di violenza inchioda alla cronaca nera. Si intrecciano personaggi, delitti, passioni, conflitti in nodi che si intersecano e paiono farsi beffa delle migliori intenzioni. Il libro, così, risulta violento, misterioso, ironico e disperato, ma non rassegnato, in un’atmosfera avvolta da cosmico disincanto.
L’autore si confronta con una dimensione che sta nell’ombra, in un mondo nascosto e misterioso. Improvvisamente ci si rende conto che tutto è vuoto, inutile e privo di spessore. L’efferatezza dei delitti si ricompone come un puzzle asimmetrico e feroce.
Il romanzo si avvale di una buona tecnica narrativa, fondata sull’armonia tra episodi primari di macroscopica impostazione e di snella fattura ed episodi di secondaria importanza che, alla fine sono quelli che hanno una maggiore rilevanza. La prosa è asciutta e fertile e la pagina non si concede pause. Il ritmo dei testi è scarno e, a volte, si riduce quasi in un canovaccio, del quale il resoconto non riesce a staccarsi con le risorse dell’invenzione sbrigliata, ma procede in maniera essenziale, esprimendosi con esattezza quasi metallica. Il linguaggio è conciso e piacevole e apre domande sull’inafferrabilità della verità.
E’ sintomatico che un romanzo come questo, che avrebbe potuto benissimo essere pubblicato da una casa editrice a livello nazionale, in una collana commerciale, sia apparso presso un’editrice ragusana che, non tradendo la propria posizione progressista e d’avanguardia, vuole forse iniziare un discorso che possa coinvolgere un maggior numero di lettori, anche non impegnati socialmente e politicamente.

Emanuele Schembari