Prefazione alla prima edizione de "Il venditore di pianeti" scritta da Mauro Macario
Questo è un romanzo apolide, non ha collocazione geo-letteraria identificabile sulla mappa euclidea della narrativa post-moderna. Nel momento in cui oltrepassa una frontiera culturale, ne sorvola il territorio senza farsi intaccare da umori estetici che non gli appartengono. È apolide perché, nella sua staticità, vive di un movimento interno perennemente teso alla ricerca di una cuccia umanistica che lo protegga dalle intemperie esistenziali ed epocali che oggi assumono dimensioni catastrofiche, soprattutto per quella disidratazione che è la perdita del sogno; proprio in contrapposizione a questa siccità l’autore usa il sogno come lettura metaparallela della realtà stessa. E sarà ancora felicemente apolide quando giungerà nella sua patria metaforica che è il mondo intero, qui raffigurato in un simbolico microcosmo, una miniatura di marginali che nella dinamica allegorica dei loro rapporti interpersonali trova una sua bidimensionalità su due piani: l’indifferenza asettica tra soggetti-oggetti e la solidarietà medesima come un metronomo che scandisce il tempo di una vita iperrealista. Come iperrealista è la prosa ironica-drammatica di Bukowski che supera, omettendola, la descrittività del romanzo ottocentesco scarnificandosi nella sottrazione. Anche Sommariva si scarnifica, riduce, asporta il superfluo della massa narrativa, lontano dagli stereotipi della tradizione ma senza cadere nell’equivoco di una gelida avanguardia, ormai obsoleta anche se praticata nell’illusione di una libertà innovativa. Questo romanzo mi ricorda i dialoghi funambolici e lunari di Aspettando Godot di Samuel Beckett ma con una scansione umoristica più dichiarata anche se intelligentemente contenuta attraverso una scelta battutistica rapida e fulminante che non manca di far ridere a sorpresa il lettore. C’è inoltre un raro senso dell’equilibrio tra prosa orizzontale e dialogo verticale che nasce dalla coscienza musicale e ritmica di uno scrittore che si ascolta durante la stesura come un orchestrale durante un concerto, applicando questa partitura non alla poesia ma alla prosa – quasi volesse diluire l’intrinseca inquietudine che pervade l’intera opera.
Non starò certamente a svelare chi è il venditore di pianeti così lungamente cercato dal protagonista in un’indagine investigativa grottesca ed esasperante – che ha una sua cuginanza elettiva con Bukowski, Vonnegut, Chandler – ma potrei azzardare che, facilmente, il lettore di parole si tramuterà in lettore d’immagini. Immagini che formano un’ideale, lunga “striscia”, un fumetto anomalo – magari a firma di Crumb. Ma chiunque sia il venditore di pianeti e qualunque cosa voglia fare, sappiamo bene che – fuori dalle pagine del libro – ce ne sono tanti che il nostro pianeta vorrebbero venderlo e con noi tutti dentro. Chi riuscirà in questo perverso e criminoso progetto, avrà avuto l’avallo del popolo terrestre tramite la delega elettorale che consente al potere di gestirci. Allora i carnefici del mondo non saranno da denigrare più di tanto.
È tempo di saldi, signori miei!
Mauro Macario