Un cinquantenne disoccupato riceve una proposta di lavoro da un amico, ma l’occupazione è di quelle che ti cambieranno la vita per sempre. In seguito alla sua decisione trascorrerà la settimana più movimentata della sua vita: dall’auto dove dormiva, posteggiata nei pressi di un giardino pubblico di Roma, finirà in una casa in riva al mare di Ragusa, rimbalzando da un capo all’altro dell’Italia fra trafficanti di droga, colt calibro 38 e valigette piene di denaro contante. Ad accompagnarlo in questo viaggio all’Inferno sarà la voce di suo padre, il ricordo delle sue parole, dei suoi consigli, ma anche il suo umorismo. È la storia di come un uomo comune può stravolgere la propria esistenza se miseria e disgrazie, figlie del capitale e dell’egoismo, non smettono di azzannarlo. La colonna sonora è di Bob Dylan, Neil Young, Pearl Jam, David Bowie e tanti altri; il finale è a dir poco esplosivo; la regia è tutta sua, dell’uomo degli incarichi.
Prefazione di Marino Severini (Gang)
Vi chiederete cosa ci faccio qui, in prima pagina. La risposta è molto semplice: sono stato “incaricato” dall’autore ad aprire il sipario. E Il motivo per cui l’incarico è stato affidato a me, è dato dal fatto che questa storia inizia con il CD di
Tribes’ Union estratto da un lettore di un’automobile posteggiata nei pressi di un giardino pubblico di Roma, e finisce con l’EP di
Tribes’ Union messo sul piatto di un giradischi in una casa in riva al mare, a Ragusa; in sostanza,
Tribes’ Union apre e chiude il cerchio della storia. Non avrei mai immaginato neanche lontanamente che questo nostro disco fatto quasi per caso, autoprodotto nel 1984, finisse trentacinque anni dopo in un libro – del resto da noi c’è un detto che recita “Ma che ne sai te quanti gira fa ‘na boccia?”.
State certi che non cercherò di vestire i panni del critico letterario, anzi, vorrei indossare semplicemente quelli dell’imbonitore o meglio, più che del “bandito”, quelli del banditore; un banditore come ‘O pazzariello, con tanto di tamburino, putipù, scetavajasse e triccheballacche: “Attenzione… battaglione… è asciuto pazzo ‘o padrone” – avete presente Totò in
L’oro di Napoli?
Ovviamente, non vi racconto la trama del libro che state per leggere, né mi permetto di dire se è bello o se è brutto, se mi è piaciuto oppure no, perché sarebbero dei giudizi fuori luogo, che di solito valgono per le merci e non per i beni; e un buon libro si sa che è un Bene! E’ un bene conoscerlo, come una bella persona che incontri in un giardinetto in un pomeriggio d’estate, seduta su una panchina… ti ci siedi accanto e quella persona che neanche conosci, ti racconta una storia, una Bella storia… ecco com’è andata.
Posso aggiungere che questo libro “suona” molto Bene, ha un suo
mood, un bel
groove, tiene il ritmo che è una meraviglia… e soprattutto ospita tanti “nostri” amori comuni; c'è un sacco di belle canzoni che fanno da colonna sonora alla narrazione, come
Venderò di Edoardo Bennato,
Nothingman dei Pearl Jam,
Hurricane di Bob Dylan,
Love and war di Neil Young e
Strange days dei Doors, ma c’imbatteremo anche in Bob Marley e nella Premiata Forneria Marconi, in Eugenio Finardi, Fabrizio De Andrè e Brunori Sas, nei Noir Desire e nei Supertramp, in Patty Smith e Jackson Browne, in Youssou N’Dour e… nei Gang!
E poi ancora… la poesia
Des Armes di Leo Ferré; fumetti come il Gruppo TNT, le Sturmtruppen, i Fantastici Quattro e l’Uomo Ragno; film del calibro di
Fitzcarraldo e
Sacco e Vanzetti… ma c’è molto molto molto altro ancora… c'è di tutto e di più: una colt cobra calibro 38 e una valigetta piena di denaro contante; una vacanza in Trentino e il servizio di leva a Foligno; tanti odori – rose, agrumi, basilico, liquirizia, maggiorana, legno, terra bagnata, erba tagliata, glicine e letame – e mezzo secolo vissuto inutilmente(?); un cane che abbaia rauco e del vento – tanto vento – nella sera; una miriade di stelle e la stessa commovente frenesia di Buster Keaton; la hall di un albergo – anzi, di hall ce ne sono diverse – e la bottega vuota di un barbiere cinese; una siringa e un giovane lento e pacifico come un fiume; una Citroen C3, una Panda, una Lotus nera e molti taxi; e una bionda ucraina col rossetto brillante e il viso imbronciato.
Ma non è finita qui. Ci sono incubi e un paio di crocifissi; telefoni e molte telefonate; il Monello e L’Intrepido; tanti poster – di Clint Eastwood, Totò, Gian Maria Volonté e degli Inti Illimani – tutti appesi alle pareti e i sette nani sopra l’armadio a quattro ante; “Marini libero e Zecchini stopper”; c’è puzza di piscio da qui alle nuvole e la versione restaurata del film
Giordano Bruno; un grosso scarafaggio che attraversa la strada e una scritta sul muro “Sono un pazzo che legge, un pazzo fuorilegge, fuori dal gregge, che scrive Scemo chi legge”; ci sono campi di mele a perdita d’occhio e binari neri su del ghiaccio grigio, sporco; sette incredibili giorni, un uomo – “L’uomo degli incarichi”, appunto – e, alla fine, c’è pure una morale, che vale solo per me: quando la vita ti precipita addosso puoi solo… scartare di lato!
“Attenzione… battaglione… è asciuto pazzo ‘o padrone… è una brava persona… è padrone di una pasta di sostanza… quando l’avrete mangiata… vi riempirete gli intestini e la panza.”
E ora… sipario!
Marino Severini
I
Gang – rock band marchigiana nata e capitanata dai fratelli Marino e Sandro Severini – sono da oltre trent’anni i portabandiera più coerenti e credibili di un rock sanguigno e militante; cantori di un messaggio politico-culturale ben chiaro e definito, che ha preso spunto dalle sonorità punk dei Clash e li ha resi testimoni e voce di una realtà per certi versi simile alla Londra celebrata dal famoso gruppo inglese. Sempre fedeli a una linea di pensiero solidale e attenta agli oppressi e alle ingiustizie sociali, i Gang sono un punto di riferimento unico nel panorama musicale italiano. Coscienza e memoria, radici e ali, lotta e speranza sono gli ingredienti che da sempre costituiscono la loro ricetta; un tesoro inestimabile, che s’inserisce nei capisaldi musicali e culturali d'Italia.